• IT
  • EN
  • DE
  • RU

Comune di Verbicaro

Altimetria: 420 m.s.l.m.
Abitanti: verbicaresi
Superficie: 32,60 kmq
Ubicazione: Alto Tirreno Cosentino

Il territorio comunale confina con quelli di Santa Maria del Cedro, Grisolia, Orsomarso, San Donato di Ninea, Lungro e Saracena. Occupa una superficie pari a 32,60 chilometri quadrati con altitudini comprese tra 1575- 125 S.L.M. Il paese di Verbicaro è a 420 m S.L.M. ed a 14 Km dalla S.S.18. La popolazione detta verbicarese.

Verbicaro è un borgo del Parco Nazionale del Pollino che oltre alle innumerevoli testimonianze storiche, le colline ammantate di vitigni pregiati, offre occasioni di escursione verso le montagne più alte del versante Tirrenico del Parco del Pollino. 
Il centro storico si è sviluppato attorno al primo nucleo insediativo costituito dalla guarnigione romana denominata ancora oggo Bonifanti – dal latino Boni fantes: fanti scelti.
Il borgo antico, simbolo dell‟architettura popolare rimanda a quando le popolazioni rivierasche, per scampare alla malaria ed alla violenza delle incursioni piratesche e dei Saraceni, durante il periodo bizantino, erano costrette a ritirarsi nel retroterra, in luoghi alti ed impervi, più sicuri e più adatti alla difesa. Il Centro Storico è, ancora oggi, diffusamente caratterizzato da emergenze di cultura materiale quali: “catoi” - cantine per lo stoccaggio del vino DOC Verbicaro, palmenti per la lavorazione delle uve; frantoi storici (alcuni risalenti al 1700), botteghe artigiane . Attualmente, in buona parte spopolato, nel corso della sua lunga storia ha subito continue trasformazioni che testimoniano varie epoche di dominazione straniera come le case francesi con le scalinate interne ancora visibili nel quartiere Bonifanti o i palazzi della nobiltà quali il Palazzo Cavalcanti, oggi museo del vino e dei prodotti del territorio; lo stabile del vecchio castello oggi sede del Centro di Educazione Ambientale, della biblioteca comunale, della mostra permanente dei documenti del grande glottologo tedesco Gherard Rholf e del costume verbicarese, il palazzo baronale di Piazza Mons. F. Cava oggi sede della mostra permanente sulla rivolta di Verbicaro del 1911 e Centro della Memoria. 

Il borgo, ristretto alle origini tra i naturali contrafforti rocciosi ed i muraglioni protettivi di cinta, cominciò gradualmente ad espandersi con il crescere della popolazione diramandosi in agglomerati rionali di case nella campagna circostante. La natura che lo invita a compiere passeggiate lungo i sentieri, dove è possibile incontrare simpatici caprioli, volpi e lepri.

Risorse naturalistiche

  • Torrente Abatemarco;
  • Boschi di Querce, Leccio, Ginepro, Corbezzolo, Lentisco, Mirto e Sughera;
  • Pino d‟Aleppo, il Frassino, il Carpino, il Pino Loricato e il Pino nero;
  • La valle del fiume Abatemarco;
  • Complesso montuoso dei monti Orsomarso e Verbicaro; 
  • Monte Trincello;
  • Il piano La Sepa;
  • I Pianori del Campiglione e Cacciagrande.

Risorse culturali

  • Chiesa di Santa Maria Assunta, risalente al XV secolo. (Presenta una facciata di tipo classico; Ad un'unica ampia navata, con quattro grandi cappelloni laterali su ciascuna fiancata, è decorata ed affrescata. Nella sagrestia sono conservati preziosi paramenti in seta ed oggetti sacri del '500 ed una croce argentea del '600 di pregevole fattura) 
  • Chiesa di San Giuseppe 
  • Chiesa Madonna della Neve, risalente al XI secolo.

Produzioni tipiche
Le produzioni sono varie, dalle colture cerealicole a quelle ortive, a quelle della vite e dell'ulivo; nella conservazione dei prodotti, largamente diffuse sono: la lavorazione delle olive trattate in vari modi, le melanzane sott'olio, i fichi secchi, l'uva passita, ecc. La maggior parte dei verbicaresi sono proprietari di modesti appezzamenti di terreno, quasi tutti vi praticano un'agricoltura di sussistenza, nella maggior parte dei casi integrata con altre attivita'. La principale risorsa del settore agricolo resta la coltivazione delle viti da cui si ricavano vini di gran pregio, rossi e bianchi. Le viti coltivate sono Greco nero e bianco, Gaglioppo, Malvasia, Guarnaccia e Zibibbo. Il vino, riconosciuto DOC nel 1995, rinomato in tutta la regione, era conosciuto ed apprezzato fin dai tempi dei Romani. Ha conservato negli anni la sua bontà e genuinità; i famosi "catuvi" (cantine) custodiscono ancora il segreto della sua fermentazione e conservazione. Nelle sue qualità rosso e bianco rallegra le tavole di estimatori e buongustai. Dopo la cooperativa “San Giuseppe” che ha operato dal 1970 fino alla fine degli anni ottanti con alterna fortuna nel 2002 è sorta una nuova cantina denominata Viti e Vini srl.Esiste una forma di artigianato artistico e di tradizione che testimonia ancora oggi la storia e la cultura delle nostre genti. In passato, nel settore extragricolo, hanno dato lustro al paese, la lavorazione delle pietre grigie e molari, quella del legno, la costruzione di strumenti musicali, ma soprattutto l'arte della tessitura e la lavorazione della seta esportata in tutta Europa fino alla seconda metà del sec. XVII. Si coltivava, inoltre, il lino per confezionare i capi di biancheria più fine e si macerava e lavorava la ginestra per i capi di biancheria più dozzinale; le stoffe venivano tessute a casa con i telai artigianali. Pregevoli i lavori a ricamo ed uncinetto. Le produzioni in giunco, canne, salici ed i lavori di intreccio per creare cesti, "panari", "cannizze", così come gli intagli in legno e la stessa tessitura, sono attività ancora integrate nella vita e nel costume del paese. 

Itinerari
Itinerario del borgo e curiosità